TU CHE SOGNAVI L'AMERICA - EDOARDO MAURO (anno 2 n.3)

Ore 7.45. La routine mattutina porta il mio corpo, come al solito ciondolante e assonnato, giù per le scale verso la cucina. Mentre preparo il classico “tazzone” di latte rovente, una voce straniera proveniente dallo schermo televisivo, richiama la mia attenzione. C’è Obama, il presidente degli Usa, in televisione. Mi ricordo, infatti, che durante la notte, in America, ci sono state le elezioni per la presidenza della Casa Bianca. Sebbene sia in ritardo, voglio comunque sentire ciò che sta dicendo l’ uomo che guida la più grande potenza mondiale. Il suo discorso s’incentra su tre punti, tre parole, con legami molto affini oltre oceano: noi, popolo americano e voi.
Quell’ uomo, che ha in mano le responsabilità più grosse in ambito economico, sociale e politico, ricorda agli States che il loro punto di forza è l’unione, l’ insieme di menti per un unico scopo. Ricorda che il mondo invidia lo spirito patriottico e fraterno che scorre nel sangue americano, che in America non devi pensare a ciò che il paese può fare per te ma a cosa tu puoi fare per il paese. Lì, tutto ciò che vuoi è possibile se si lavora sodo, non importa se sei nero, bianco, nativo, immigrato, etero o gay. «Stanotte da più di 200 anni da quando una colonia ha deciso di prendere in mano il proprio destino, il compito di rendere sempre più perfetta la nostra unione continua. Siamo una famiglia americana e continueremo ad andare avanti come una singola nazione»: inaugura cosi il suo primo discorso da rieletto l’afroamericano Obama. Inoltre si congratula con Romney, l’ avversario Repubblicano, per l’attiva campagna elettorale e per il suo amore verso il paese, ringrazia la moglie e le due figlie, ringrazia il Paese perché con esso ha voluto continuare il sogno americano.
Bello. Veramente commovente. Ma allora, la domanda sorge spontanea: perché dal vocabolario inglese - italiano, non siamo mai riusciti a tradurre “ American Dream”?
Forse perché da noi si parla di “Terronia” o “Padania”. Forse perché in Italia le parole tante, i fatti pochi. Forse perché in Italia chi sogna e ambisce, scappa via. Forse perché “L’Italia cambierà quando cambierà la mentalità degli italiani (Aldo Moro) “. Forse perché Italia = “chi se ne frega.”
Certo, anche l’ America ha i suoi scheletri nell’ armadio: il discorso di Obama non può di certo nascondere che gli Usa siano la patria di un individualismo molto spesso esasperato, che ha da sempre portato violenti critiche contro il governo di Washington. Ma il progetto di Obama è encomiabile: uniti si può vincere tutto. Il nostro stivale ha un bisogno necessario di questo motto: solo unendoci possiamo vincere questo triste e cupo periodo in cui siamo piombati. Insieme si può vincere la mafia, le disparità Nord-Sud, la crisi e il debito pubblico, coloro che si sentono “furbi” non pagando le tasse, e tutte le altre problematiche che affliggono questo paese. Il cardine di tutto dovranno essere però i giovani, gli unici che possono ancora definirsi “incurabili sognatori”.
Sognare: questo sarà il verbo che tutti noi dovremmo utilizzare. Perché oltre al “sogno americano” ce ne possa essere anche uno italiano.

 

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