SOGGETTI... POLITICI? - GIULIO PAPADIA (anno 2, n.4)
Il 24 e il 25 febbraio gli italiani sono chiamati alle urne. Proverò ora a tracciare un’analisi della politica italiana e dei suoi protagonisti.
Bersani si presenta come candidato dopo aver sconfitto Matteo Renzi. I limiti del PD partono da qui. Negli Stati Uniti d’America le primarie sono uno strumento di scelta per gli elettori; da noi la scelta l’hanno fatta i pezzi da novanta del partito (D’Alema in primis) che hanno appoggiato il segretario. Renzi era un’occasione per strappare elettori al centrodestra e raggiungere l’onirica soglia del 40%. In campagna elettorale, il centrosinistra si sta mostrando spavaldo, convinto di una vittoria che ci sarà alla Camera, ma che è pericolosamente in gioco al Senato. Altro limite è l’eccessiva dipendenza da Vendola. Per non parlare della possibilità concreta di dover ricorrere all’appoggio di Monti come alleato e, in caso di prematura perdita della maggioranza, come premier di un Governo tecnico 2.0. Sembra poi che il centrosinistra abbia il partito più forte, ma anche il candidato più debole: Bersani impallidisce a confronto con Berlusconi, con Monti, con Grillo.
Berlusconi, invece, è tornato alla ribalta dopo l’ormai famoso incubo (con Monti premier, Ingroia alla Giustizia e Di Pietro alla Cultura). Beh, dopo quasi vent’anni di berlusconismo, il più grande incubo degli italiani è quello di rivedere Berlusconi premier o, come va dicendo da qualche, come Ministro dell’Economia (lui, il multimiliardario la cui fortuna ha dubbia origine, il massone, l’amico dei mafiosi). Dopo aver finto di ricorrere alle primarie, il PDL non ha sciolto i dubbi sulla leadership. Alfano è tornato l’ossequioso maggiordomo di Silvio e ha accantonato l’idea di fargli le scarpe. Questo era un momento fondamentale per avviare un rinnovamento, fare un po’ di pulizia , prendere finalmente le distanze dalla Lega. Poteva essere la chance per gli edipi (Alfano stesso, Crosetto, la Meloni e l’altro giovane Cattaneo) di liberarsi dal loro complesso e uccidere (simbolicamente e anche politicamente) il padre-padrone. Invece si è tornati all’alleanza con la Lega e adesso anche con il nuovo partito Centrodestra Nazionale.
Il terzo incomodo è Mario Monti. Appoggiato da UDC, FLI, Italia Futura e la neonata Scelta Civica, il Professore è salito in politica per continuare il progetto iniziato nel novembre 2011. Ha subito iniziato ad adottare pose, promesse e frasi da politicante in carriera, ha promesso di abbassare le tasse, di eliminare l’IMU sulla prima casa, di favorire l’impiego dei giovani detassando chi li assumerà , di correggere la riforma delle pensioni. È in una situazione per lui nuova, ma Monti dovrebbe decidere in maniera più netta cosa dire e fare. Rigore o crescita? Tagli alla spesa o nuovi investimenti? Austerity o tassazione più equa e lotta all’evasione? Questi gli interrogativi a cui dovrà rispondere per evitare di cadere nel ridicolo delle false promesse di chi lo ha preceduto. Resta anche da valutare la coesione del fronte montiano: come conviveranno i cattolici, i lobbysti (Montezemolo & Co.), gli esponenti della presunta “destra laica e progressista” di Fini e gli ex PD?
Il Movimento 5 Stelle? Sembrava destinato a un grande exploit, e invece con il ritorno di Berlusconi e la prepotente entrata in scena di Monti, la fetta di elettorato del M5S sta diminuendo. Beppe Grillo incarna il malumore e la voglia di rinnovamento, vuole “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, realizzare disegni utopistici come eliminare i partiti e i sindacati, recluta giovani militanti che si distinguono per idee economiche molto particolari e per l’impegno ecologico. Ma chi c’è realmente dietro Grillo? Chi altro fa parte del M5S? Si sta rinunciando totalmente alla campagna elettorale in tv (ma la visibilità è fondamentale) e i comizi dei candidati hanno il leader come solo mattatore. Gli altri esponenti di questa forza politica sembrano agnellini impauriti e poco pronti a lottare nei palazzi del potere. Si sta piombando inoltre in pesanti contraddizioni: l’espulsione di Favia e Salsi solo perché si erano dimostrati critici verso il duopolio Grillo-Casaleggio ha destato molto sdegno.
Altro nuovo partito è Rivoluzione Civile dell’ex magistrato Antonio Ingroia, che ha destato diverse reazioni. C’è chi dice che ogni Stato democratico debba basarsi sul principio della divisione dei poteri. C’è chi dice che Ingroia non fa altro che scappare dalle sue responsabilità di magistrato. C’è chi apprezza il fatto che uno strenuo avversario dell’illegalità abbia deciso di entrare in politica. Anche Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, lo ha criticato, in quanto starebbe candidando elementi senza alcun merito, proprio come nei partiti tradizionali.
C’è un unico file rouge a unire tutti questi partiti e candidati: l’incoerenza. Bersani, sostenitore del Governo Monti, ora ne prende le distanze. Berlusconi prima invita Monti a prendere la guida dello schieramento dei moderati e poi lo accusa quando la proposta viene declinata. Monti aveva dichiarato che non si sarebbe candidato, ma sappiamo cosa è successo. Anche Grillo magari finirà con il candidarsi, mentre in passato lo ha negato; il leader ha inoltre richiesto l’appoggio di Casa Pound.
Cosa sta diventando la politica italiana? Monti dice che i concetti di destra e sinistra sono ormai superati, ma questa dualismo sopravvive in tutto il mondo. In Italia NON ESISTONO UNA VERA DESTRA E UNA VERA SINISTRA.
La vera destra non è rappresentata da fascisti nostalgici come La Russa e Storace. La vera destra (nei Paesi normali, non certo in Italia) dovrebbe essere un partito riformista . Le vera destra, e mi auguro che i veri sostenitori lo sappiano, non è Berlusconi. La vera sinistra non è più ancorata a ideali marxisti, non si riconosce nella frase di Vendola “i ricchi vadano all’inferno”, non è un partito incapace di governare. È necessaria una vera riscossa. I partiti devono abbandonare nostalgie, inni, bandiere, leader e leaderini, braccia tese e pugni chiusi, e riabbracciare i grandi ideali, quelli veri. C’è bisogno di grandi soggetti politici in grado di confrontarsi, perché è dal dialogo e dalla dialettica che nascono i grandi cambiamenti.