ILVA: COME TORNARE A RESPIRARE - EDOARDO MAURO (anno 2, n.5)

Il caso Ilva, una delle (purtroppo) tante storie italiane alle quali siamo ormai abituati da anni e con le quali conviviamo, costretti a subirle inermi.
Nel web numerosi sono i blog “degli indignados italiani” (gente che non ha  nulla a che fare con il movimento giovanile, ma che si è comunque stufata di
quello che succede nel nostro Paese) nei quali si discute del problema. Oscar  Giannino nella pagina di “Fare, per fermare il declino” scrive un breve articolo  nel quale riassume ciò che è accaduto. Scrive Giannino: “La situazione all'Ilva  di Taranto è precipitata, come purtroppo c'era da temere. L'altro ieri (26 Novembre 2012, ndr) la magistratura tarantina ha emesso nuovi provvedimenti  cautelari verso la famiglia Riva, ex dirigenti dell’impianto siderurgico, l’attuale presidente del gruppo ed ex prefetto Ferrante, e politici tarantini accusati di convogliare verso consulenti "amici" e sovrappagati le verifiche ambientali. Anche il presidente pugliese Vendola avrebbe “ammorbidito”, secondo
i pm, le verifiche ambientali regionali. Ma a ciò si è aggiunto il sequestro di  migliaia di tonnellate di lastre e coils di acciaio realizzati negli ultimi tempi a Taranto, con il divieto di commercializzazione in quanto corpi di
reato.
La reazione dell’azienda è stata l’immediata messa in libertà di 5000 addetti  alla lavorazione a freddo. Con lo stop totale, entro pochi giorni andrebbero a
fermi analoghi per mancanza di acciaio semilavorato proveniente da Taranto gli altri impianti del gruppo Riva, a Genova, Novi Ligure, Racconigi, Patrica.
Migliaia e migliaia di lavoratori a casa, il ventesimo gruppo siderurgico al
mondo, e italiano, praticamente in ginocchio.”
Più che alla “povera” azienda in ginocchio costretta a risarcire ciò che ha
causato per anni e anni, con danni , non solo ambientali ma anche a persone (la
zona di Taranto è tra le più inquinate d’Italia e con una delle più alte percentuali tumorali), penso all’economia pugliese e ai numerosi posti di lavoro che la famiglia Riva ha tagliato nella nostra regione. Troppi. Troppi per  un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. Padri di famiglia, dopo anni e anni di duro lavoro con orari massacranti, costretti a tornare a casa. In ginocchio non sarà la ventesima azienda mondiale con migliaia di conti all’estero, ma una famiglia che ha un solo stipendio su cui contare.
Ma è inutile piangere sul latte versato. È ora di rimboccarsi le maniche. Numerose sono infatti le alternative che il territorio pugliese può fornire  per un “Rinascimento Sudista”. Il turismo ne è l’esempio più immediato. Le
rinomate spiagge sul litorale ionico e adriatico sono tra le più ricercate per
il periodo estivo. Sono anni che è in crescita il fenomeno dei “Bed & Breakfast“, come le prenotazioni negli agriturismi per vacanze a contatto con la natura, da sempre nostra fedele compagna.
L’impianto petrolchimico tarantino rappresentava, infatti, la pagina nera di un rapporto quasi fraterno tra la nostra regione e il territorio naturale circostante(portandoci, per altro, anche un “lavoro pulito”) in quanto, dati alla mano, la nostra regione è risultata per lungo tempo come la più “ecosostenibile” d’Italia (si legge nel portale web “Sistema Puglia” che nel 2008 ci piazzavamo primi nel territorio nazionale con il “23,72% di potenza installata negli impianti eolici e il 19% del fotovoltaico rispetto al totale nazionale”).
La nostra terra, il nostro mare e la buona volontà di una regione può permettere una nuova presa di posizione da parte del punto più a est d’ Italia. Una rinascita necessaria dopo i fumi di un’azienda che ha portato, è vero, tanto lavoro (per poi riprenderselo), ma anche tanti grattacapi. Chiudiamo quel portone e riapriamone un altro, speriamo migliore...

 

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