IL (POCO) GRANDE GATSBY - GIUSEPPE MAURO (anno 2 n.6)

Si aspettava da tanto, troppo tempo e, finalmente, arriva nelle sale Il Grande Gatsby, nuova opera del regista australiano Baz Lurhmann, autore anche del musical carnevalesco Moulin Rouge. Ma stranamente le prime parole che ti vengono in mente per commentare il lavoro del regista compongono una frase tipica dei prof : “ E' bravo, ma non si applica”. E questo film, più che un'interpretazione fuori dagli schemi di un classico, sembra il classico compitino in classe, dal tratto poco originale, in cui si poteva fare molto di più.

Quarta trasposizione cinematografica del grande capolavoro letterario di Francis Scott Fitzgerald, racconta attraverso gli occhi di Nick Carraway (Tobey Maguire) la tragica storia d'amore del suo vicino di casa il “grande” Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio) innamoratosi della graziosa Daisy ( Carey Mulligan) infelicemente sposata con un uno degli uomini più ricchi di New York, Tom Buchanan ( Joel Edgerton) perché continuamente tradita. Tutto questo sullo sfondo di quei ruggenti anni Venti, sfarzosi, sfavillanti, estremi, dove la gente si ubriacava di champagne e viveva senza pensieri, ignara che alla fine di quel decennio sarebbe comparsa come una tempesta la più grave crisi economica del Novecento: la Grande Depressione.

La pellicola quasi sempre riesce ad essere fedele alla versione cartacea, ma, a parte DiCaprio che si è calato perfettamente nei panni di quel dandy che olet for pecunia, l'interpretazione del cast non è stata particolarmente incisiva e memorabile: gli attori hanno recitato bene, svolgendo però la loro parte senza carattere, scomparendo nei propri personaggi. E che dire della scenografia, che rispecchia proprio il lusso smodato e una sorta di neo barocco degli Anni Ruggenti? Funziona. Non come la colonna sonora molto discutibile (la scusa di usare il rap degli anni Zero per dare un senso di contemporaneità alla storia non regge) e l' inutile 3D che è solo un insensato strumento acchiappa giovani. Per Nick “il passato non si replica”, quindi la storia andava attualizzata.

E invece di suggerire allo spettatore confronti tra la crisi del '29 per colpa delle banche e la moderna crisi...sempre per colpa delle banche (maledette banche!) che forse l'avrebbe reso ancora più interessante, il nostro Baz si è concentrato sulle opulente feste del ricco Gatsby, si è limitato semplicemente a seguire la storia struggente di questi due amanti, senza riuscire a individuare la cifra della sua personale lettura.

Quindi se volete divertirvi, Il Grande Gatsby di Baz Lurhmann fa al caso vostro. Ma se cercate qualcosa di più, qualcosa di unico, allora recuperate il Moulin Rouge già citato, molto più sorprendente.

 

P.S. Con quest'ultima recensione chiudo per quest'anno scolastico la mia rubrica. Ringrazio tutti coloro che per sbaglio l'hanno seguita, ed ora che sono arrivate le tanto desiderate vacanze è tempo per me di staccare la spina, anzi di spegnere la cinepresa...Quindi auguro a tutti BUONE VACANZE e IN BOCCA AL LUPO a chi ha gli esami. CIAO!

 

VOTO: 7

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