DUE O TRE COSE SU OSCAR - GIUSEPPE MAURO (anno 2 n.5)

Premio Oscar. Quando si sentono queste due parole si pensa al cinema con la C maiuscola, a pellicole indimenticabili con grandi registi, grandi attori e grandi storie che rimangono impresse nella Storia del cinema come le impronte dei vip al Grauman's Chinese Theatre di Hollywood. Quest'anno al Kodak Theatre sorprendentemente non troviamo un trionfatore, un dominatore assoluto, ma piuttosto tanti piccoli vincitori che si sono spartiti i premi principali, segno che quest’anno i film in gara sono stati di ottima qualità e l’Academy ha voluto accontentare tutti. Ma vediamo com’è andata la Notte degli Oscar per Peppe. Il film che, numericamente, è stato il vincitore è Vita di Pi di Ang Lee, che ottiene 4 statuette per Miglior Regia, Miglior Fotografia, Migliori Effetti Speciali e Miglior Colonna Sonora, per la quale era in gara l’unico italiano Dario Marianelli. Film difficile, complesso, con al centro la ricerca di Dio e il rapporto uomo-natura: fa piacere che l’America devota al Dio Dollaro si entusiasmi per questi temi che mi hanno fatto tanto pensare. Vince anche il musical tratto dall’opera di Victor Hugo Les Miserables di Tom Hooper che si aggiudica il Miglior Trucco, il Miglior Sonoro e la Miglior Attrice Non Protagonista, con Anne Hathaway nel ruolo della giovane ragazza-madre Fantine. Il mio eroe Quentin Tarantino, escluso ingiustamente dalle nomination per la regia, vince per la Miglior Sceneggiatura Originale (mi-ti-co!!!) con Django Unchained e fa vincere, per la seconda volta in tre anni, il fantastico Christoph Waltz come Miglior Attore Non Protagonista, questa volta nei panni del dentista cacciatore di taglie King Schultz, la cui performance avevo apprezzato e segnalato nel numero 4 del nostro giornalino. Annunciato a sorpresa dalla First Lady Michelle Obama, vince come Miglior Film Argo di Ben Affleck, che racconta la liberazione da parte della Cia di sei ostaggi nel periodo della Rivoluzione Iraniana. Al thriller va anche la Miglior Sceneggiatura Non Originale e il Miglior Montaggio. Ben congeniato, dal ritmo incalzante e dai giusti tempi, mi sorprende la sua vittoria: in questa storia gli USA non fanno una bella figura, come dimostra anche il silenzio che per lungo tempo l’ha coperta. Il cinema a volte si prende le sue libertà. Come quella di non portare alle stelle il kolossal storico Lincoln di Steven Spielberg che, partendo da ben 12 nomination, si vede soffiare sia l’Oscar per il Miglior Film sia quello per la Miglior Regia, vincendo solo due statuette: Miglior Scenografia e, meritatamente, il premio di Miglior Attore Protagonista per Daniel Day-Lewis, grandioso nell’interpretare il 16° presidente degli Stati Uniti, (ora l’attore più oscarizzato in questa categoria). Esaltato dal Time, com’è ovvio, ha incarnato per me il Lincoln che mi son sempre immaginato: calmo, tranquillo, sicuro di sé. Per il resto è un’ode alla Democrazia, forse un po’ troppo macchinoso, e nella prima parte a tratti soporifero. Ma in questa serata piena di stelle quando tornerà a brillare l’estro italiano, che dominava negli anni ’60 con Fellini e De Sica? Speriamo che Skyfall, canzone che ha incantato Noi giurati, non diventi la colonna sonora della caduta del cinema italiano.

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