Dalla prima alla seconda Repubblica - Politici, politiche, partiti, inchieste, situazioni sociali, fatti. E l'incognità di ciò che accadrà. (A cura di Alessandro Carcagnì e Giulio Papadia, anno 2 n. 2)
Il termine giornalistico “Prima repubblica” indica il sistema politico in vigore dal 1948 al 1994, i cui cardini normativi sono la Costituzione (vigente dal 1 gennaio 1948) e la legge elettorale di tipo proporzionale del 1946, abrogata nel 1993. È definito un termine prettamente giornalistico in quanto la denominazione numerica non fa riferimento a cambiamenti di tipo costituzionale o istituzionale, ma invece a un mutamento radicale del sistema politico.
I principali partiti della Prima repubblica sono la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano, ovvero le tre forze politiche antifasciste del periodo della Resistenza. In questo periodo si tende a definire quella italiana una “democrazia bloccata”, in quanto incentrata sul controllo da parte della DC. Tale controllo politico si ripercuoteva in tutti gli ambiti della vita sociale. Tutto, o quasi, si svolgeva in funzione del rispetto della morale Cattolica, e tutto era influenzato dalle iniziative DemoCristiane: esempio lampante furono le numerose censure sui canali televisivi. Il politologo Giovanni Sartori esprime quella che potrebbe rappresentare la sostanziale differenza tra Prima e Seconda repubblica: la caratteristica “Presenza di partiti antisistema, ossia ideologicamente ostili alla stessa forma dello stato in cui operano, quali PCI e MSI“ (l’Italia adottava una politica di tipo filo statunitense), propria del sistema politico del cinquantennio ‘48-’94. L’ideologia è ciò che differenzia la “Prima” e la “Seconda Repubblica”. Nei primi decenni della Prima Repubblica il voto esprime infatti l’appartenenza ai due blocchi ideologici internazionali contrapposti: il blocco statunitense e quello sovietico, sostenuti rispettivamente dalla DC e dal PCI.
Per sbloccare un sistema politico centrista immobilizzato, avvenne ciò che viene chiamato “compromesso storico”, ovvero un avvicinamento da parte della DC al PCI. Questo tentativo di conciliazione fallì con l’uccisione da parte delle Brigate Rosse di Aldo Moro, segretario della DC e sostenitore del compromesso storico.
Alcune teorie piuttosto accreditate, sostengono che furono accordi internazionali, risalenti alla conferenza di Yalta, a decidere di tenere lontano il Partito Comunista Italiano dall’area di governo. E’ quindi altamente probabile che nelle BR ci furono infiltrazioni da parte di corpi dello Stato. Al tempo dell’uccisione di Moro, il segretario del PCI era Enrico Berlinguer, Comunista spesso al centro dei contrasti anche con le stesse direttive provenienti da Mosca, e fautore della “Questione Morale”, tema ancora attualissimo, e sempre più invocato dai tempi di Tangentopoli.
Il periodo seguente vede un risollevarsi del PSI grazie alla guida di Bettino Craxi, la cui ascesa fu causa d’innovazione nel sistema politico bloccato dal centrismo della DC. In Italia avviene un indebolimento del voto d’appartenenza ideologica, per lasciare spazio a una maggiore dinamicità elettiva.
Verso la fine degli anni ottanta viene stipulato il patto informale del C.A.F. (Craxi, Andreotti, Forlani) che prevedeva l’alternanza al governo dei tre sottoscrittori. L’assenza di un’alternativa a quest’alleanza dava la sensazione che i partiti si mettessero d’accordo tra loro incuranti del volere del resto del paese.
Nel 1992 scoppia il caso Tangentopoli, in cui vengono coinvolti gran parte degli esponenti dei partiti maggiori e che porterà allo scioglimento della DC e del PSI, nonché alla perdita di credibilità della maggior parte dei partiti italiani. Si parte con l’arresto dell’esponente milanese del PSI Mario Chiesa, fino ad arrivare, passando per un numero spropositato di politici e imprenditori coinvolti, indagati e condannati, all’arresto di Bettino Craxi, che si rifugerà ad Hammamet un giorno prima di perdere l’immunità parlamentare.
Nell 1999 Giulio Andreotti verrà assolto in primo grado per “Concorso esterno in Associazione Mafiosa”, ma condannato in Appello e in Cassazione, senza però poter essere arrestato per “avvenuta prescrizione”. Oggi Andreotti figura tra i Senatori a vita, nonostante le sue comprovate e dichiarate relazioni e collaborazioni continue con le Mafie.
Alla luce delle vicende giudiziarie che stanno investendo nuovamente il mondo della politica, c’è chi vede una continuità nel fenomeno Tangentopoli, sintomo che non c’è stato un reale cambiamento nell’etica del nostro sistema politico.
L’idea che nel nostro stato moderno, il cittadino debba cercare la felicità nella cerchia ristretta dei propri piaceri personali e non nel benessere collettivo, ha fatto si che il malaffare di chi dovrebbe occuparsi della cosa pubblica fosse giustificato, o perlomeno ignorato. Cittadini educati alla ricerca smodata del successo personale sono lo specchio della classe politica che almeno in questo senso, riesce a “rappresentarli”.
(Carcagnì)
Prima di tutto, visto che purtroppo so benissimo che pochi sanno veramente di cosa stiamo parlando, penso si debba fare una breve introduzione. Chiediamoci: cosa vuol dire Seconda Repubblica? Bene, si definisce Seconda Repubblica la storia politica italiana recente, più o meno dal biennio 1992-1994, che ha segnato una svolta epocale, a oggi.
Sono arciconvinto che chiunque abbia coniato questa espressione avesse in mente una parola: cambiamento! Cambierà qualcosa tra Prima e Seconda Repubblica, no? Altrimenti perché fare questa distinzione?
Forse il tale in questione era fin troppo ottimista. In fondo cosa è cambiato in quello che molti hanno già definito “il Secondo Ventennio”, il ventennio dominato dalla figura di Silvio B.? Due partiti, travolti dallo scandalo, sono scomparsi per poi riapparire sotto nuove sigle. Gli attori principali della vita politica italiana sono pressoché gli stessi a distanza di vent’anni. I reati non sono un ostacolo insormontabile per chi voglia fare politica, ma sembrano essere il fiore all’occhiello nel curriculum dei nostri Parlamentari, come già prima di Mani Pulite. La corruzione dilaga e l’evasione fiscale è il cancro invisibile che distrugge la nazione dalle fondamenta. In Parlamento dilaga l’assenteismo dei nostri rappresentanti e fuori, ad ogni consultazione elettorale, dilaga il clientelismo.
Dicevamo di Berlusconi, ovvero colui che si è simpaticamente definito “il più grande statista italiano dai tempi di Cavour” (anche se tutti si chiedono cosa abbia fatto di così grandioso per potersi fregiare di questo titolo). Certo, in così tanti anni ne ha combinate tante! Come dimenticare il celeberrimo patto con gli italiani firmato in diretta tv e disatteso, come la promessa di farsi da parte se non avesse mantenuto ciò che aveva assicurato agli elettori? E che dire poi dell’infinità di reati di cui era accusato? Ma no, suvvia, ne è uscito pulito grazie alla prescrizione! Basta così, meglio glissare visto che le sue gesta sono ben note.
Il Cavaliere, che fino all’altro ieri si faceva promulgare leggi a suo uso e consumo e si batteva per i diritti dei poveri innocenti come lui perseguitati dal sistema delle toghe rosse, oggi sembra sparito dai radar.
Pare abbia abbandonato il campo: oggi c’è un Governo tecnico, un Governo di esperti del settore o presunti tali. L’unico risultato tangibile dell’esecutivo Monti, oltre all’aumento delle tasse, è il fatto che molti abbiano già dimenticato Berlusconi e le sue perle!
Intanto, per interessi dei soliti noti, non si riesce a cambiare la legge elettorale (dovremo tenerci il “porcellum” ancora per un po’?) né ad approvare una legge anticorruzione, anche perché citando Maurizio Crozza sarebbe un po’ come chiedere a Giovanna d’Arco di andare a far legna.
Battute a parte, i recenti vergognosi fatti di cronaca (vi rammento Lusi, Belsito, Fiorito oltre ai guai della giunta Formigoni in Lombardia) ci mostrano un Paese fagocitato dall’interno, svuotato da chi dovrebbe garantire invece la legalità e l’ordine. Scusate tanto, ma in confronto a questi ladri benemeriti le leggi ad personam del Cavaliere mi sembrano un’inezia!
Qualcuno, già da un po’, parla di Terza Repubblica. “Dicono” che qualcosa stia cambiando, che ci sia qualcosa di diverso nella politica italiana. Un vento nuovo.
Ora non so ben dire se si tratti della politica a tratti distruttiva di Rigor Montis, della rottamazione predicata dal giovane e rampante sindaco di Firenze Matteo Renzi oppure del Qualunquismo/antipolitica del comico Beppe Grillo, l’unica cosa di cui sono certo è che gli italiani sono stufi: c’è un indicibile bisogno di facce nuove, facce pulite, idee, progetti, sogni. Non diamoci per vinti, perché l’antipolitica non la fa il Movimento 5 Stelle, ma chi decide di allontanarsi e di disimpegnarsi.
(Papadia)