LA NOSTRA PICCOLA GRANDE MAFIA - ALESSIO GIAFFREDA (anno 3, n.1)

Tutti  indignati. Tutti - o quasi - continuamente schifati dalle frequenti notizie che i giornali riportano (e non sempre), riguardanti i corrotti, i parlamentari mescolati  a cricche criminali, i ladri di ogni razza, chi utilizza le proprie posizioni e la propria influenza per un tornaconto personale. Tutti a sbraitare la propria sincerissima voglia di vivere in un sistema pulito, dove l’onestà sia un presupposto fondamentale, principio primo di una buona società. Tutti a condannare chi ruba, chi gioca sporco. Sì, sì.
Non tutti, però, si rendono conto che ciò che tanto rimproverano a chi siede su quelle poltrone lì è, inevitabilmente, originato da altri comportamenti, figlio di essi. Comportamenti che passano inosservati, che si insinuano nelle dinamiche sociali, e che tanto gravi non sembrano sol perché non sono dei parlamentari ad esserne responsabili.
Cos’è la corruzione? Non si tratta solo di chi pagando laute somme in denaro riesce ad ottenere favori, appalti e benefici di questo genere. La corruzione esiste nel capillare. Ed è molto più vicina a voi di quanto possiate immaginare. Se non altro, perché appunto non sempre qualcuno che sia “Qualcuno” ha bisogno di sborsare soldi per ottenere ciò che vuole.
E quindi la si trova anche nelle realtà più piccole. Anche in una scuola di trecento persone. Non ci prendiamo in giro: non è un mistero che la gran parte degli istituti superiori sia interessata (marginalmente, per carità) dal fenomeno. I Licei Classici sono, certamente, i più presi di mira dalle “maldicenze”, ma non per un dato di fatto: semplicemente una tradizionalmente alta concentrazione di “borghesi” influenti nel territorio locale manda i propri rampolli a studiare lì dove si insegnano il latino e il greco. Ma, in realtà, qui parliamo di qualcosa che è diffuso in tutte le realtà scolastiche.


Attenzione: ammettere la presenza dei famigerati “raccomandati” non è una giustificazione per chi non consegue buoni risultati a scuola. Ognuno dovrebbe fare il proprio dovere a prescindere dagli altri.
Ma il fenomeno esiste, ed esiste anche qui, al Liceo Classico P. Colonna. Sicuramente in misura di gran lunga meno imponente rispetto ad altre scuole di primissima fascia (e forse primissimo fascio), ma esiste. Pure qua. E, a volte, lo si sa per ammissione degli stessi alunni che hanno avuto quello che il popolo chiama “il calcio in culo”.
Ci sono molte persone che in virtù dei loro cognomi hanno “rapporti privilegiati” con i piani alti degli istituti, che mandano questa tanto sbandierata meritocrazia a farsi fottere. Lo si vede (esempio più lampante) in tutte le sessioni degli esami di maturità: c’è sempre chi non avrà bisogno di impegnarsi più di tanto.
Lo sappiamo tutti. Solo che è come nei paesini: tutti conoscono il nome del boss, ma nessuno lo fa. Nessuno ne parla.
Tutto questo – non c’è bisogno di dirlo – è una faccenda palesemente negativa. Solennemente immorale (e probabilmente illegale), in quanto identifica una mancanza di rispetto non solo nei confronti degli altri studenti, ma anche di quei tanti docenti che ogni giorno si fanno in quattro, tra milioni di problemi e paradossi, per promuovere una scuola fondata sul merito e su valori sani, o quelli che curano l’orientamento non come se la scuola fosse un negozio di scarpe, ma un luogo dove crescere.

Questi bei cognomi, gente perbene e benpensante, sono sperma in una buona minestra calda, sono la quint’essenza dello squallore, in un luogo sacro e inviolabile come la scuola. E allo stesso modo lo è chi davanti a questi cognomi si inchina, all’interno dell’istituzione, garantendo ai figli di questi protagonisti del feudalesimo contemporaneo privilegi più o meno importanti.
Sapete cosa vorrei, ora? Che tutti gli alunni di questa scuola facessero leggere ai propri genitori questo articolo; può darsi che qualche brillante professionista, o qualche esponente della “Galatina bene”, magari di quelli lì che non perdono l’occasione per andare in giacca e cravatta davanti al loro Dio a prendere la Comunione come davanti a chi loro sanno ad assicurarsi “ciò che meritano”, be’, può darsi che qualcuno di questi soggetti, ma è poco probabile, riconosca di essere lo schifo che tanto ipocritamente biasima, quello all’interno del Palazzo.
Ehi, tu. Tu che sei stato infastidito da quello che hai letto, sappi che tra gli insegnamenti di “Libertà e Uguaglianza” che questo Liceo dà, come precetti sacri di ogni società civile, non c’è posto per la merda fumante che porti tra i nostri banchi.

 

 

 

 

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