"SENZA DUE CORPI E DUE PENSIERI FINISCE IL MONDO" - AURORA VERBENA (anno 2 n.5)
“È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.
Così affermava Einstein, e nella totale veridicità di questa affermazione sarebbe opportuno espandere il concetto considerando una prospettiva di pensiero che vada ad abbracciare altri campi: da sempre si parla dello “stereotipo femminile”, figura che ha l’odiosa attitudine a devastare la donna; ne siamo controvoglia le protagoniste, ma soprattutto le vittime: i nostri corpi, i nostri diritti e la nostra dignità sono esposti alla mercanzia di coloro che ci concepiscono come mezzi di guadagno; personifichiamo il marketing e il vantaggio del profitto.
Ormai conviviamo con un sistema che intende questo modello quasi come un’ideologia: le pubblicità incrementano questo disagio, valorizzando pregiudizi insiti nel sociale.
Quest’imbarazzante situazione credo sia opportuno attribuirla ad una crisi di massa che non ha mai permesso all’individuo femminile di emergere socialmente e intellettualmente, collocandoci alla base di un sistema fondato sul patriarcato, sul fallocentrismo.
La differenza uomo/donna ha sempre determinato una grande scissione: ciò, sembra strano, ma nasce proprio nella famiglie. Come viene infatti detto nel documentario “Vogliamo anche le rose”, questa arretratezza è da cercarsi nello stesso diritto familiare che si rivela essere fallace nella misura in cui è la legge stessa a fare dell’uomo un patriarca, un pater familias vero e proprio al quale spetta l’amministrazione della stessa. Si insinua già il rischio di vedere la donna a partire dal matrimonio come subordinata all’uomo. La donna intervistata nel documentario ammette che solo una parità dei sessi all’interno della famiglia possa essere fondante per una maggiore equità sociale. A questo proposito vorrei dire come invece, a mio parere, la parità dei sessi tanto agognata sia invece retta da una base che per sua natura stessa non le spetta: sono le leggi stesse alle quali facevo riferimento a non permetterlo, insieme a tante altre condizioni sociali che non sono favorevoli per la donna; il sistema giuridico, quello linguistico addirittura, si rivelano essere di natura patriarcale. Una vera svolta sociale, a mio avviso, può esserci e configurarsi come tale solo nel momento in cui alla donna e all’uomo viene data la loro importanza non in termini di parità, bensì di complementarietà.
E come diceva Giorgio Gaber, “Senza due corpi e due pensieri differenti, finisce il mondo”. Amo adottare questo verso come sostegno alla mia tesi, perché è solo riconoscendo la differenza tra donna e uomo che si può ammettere la loro complementarietà, la quale deve essere riconosciuta dapprima nella famiglia e successivamente nella società e nella politica.