MENNEA: L'EROE DIETRO L'UOMO - PAOLO SCIUGA (anno 2, n.6)
Chi era Mennea? Un atleta, un campione, un politico, un avvocato, un simbolo? Beh, sappiate, cari lettori, che Pietro Paolo Mennea è stato tutte queste cose, più una: Pietro Paolo Mennea è stato per tutti un eroe. Molti lo conoscono per le sue epiche imprese sportive, come il primato mondiale di corsa sui 200 metri, il bronzo al debutto olimpico, l’insperato oro ai giochi olimpici di Mosca e ancora le due medaglie conquistate duramente, una sui 100 e l’altra sui 200, proprio di fronte al suo pubblico in Italia. Ma Mennea era più di questo, era un uomo probo, semplice, umile, che ha fatto della corsa la sua passione e dell’educazione dei giovani la sua battaglia. Infatti non solo si laureò in scienze motorie ma conseguì la laurea anche in giurisprudenza, in lettere e in scienze politiche, ottenendo poi, a pieno merito, una prestigiosa cattedra all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara. Quindi, come potete evincere dalle mie parole, il nostro caro conterraneo era il tipo d’uomo che prima si immergeva nello studio e poi si allenava duramente per rappresentare la sua amata Italia davanti a tutto il mondo; perché lui sapeva di essere un campione sui campi sportivi, ma sperava di esserlo soprattutto dove conta davvero, nella vita. E sembrerebbe proprio esserci riuscito dato che ha dato alla luce, assieme alla moglie, una fondazione filantropica che sostiene i giovani, tanto cari al mito pugliese. Quindi, se c’è una cosa di cui sono certo, è che chiunque abbia assistito direttamente alle imprese di Mennea, sentendo lo scorso 21 marzo la triste notizia della sua dipartita, abbia lasciato con lui una piccola parte del proprio cuore. Solo due aggettivi balenano in mente quando si parla di Mennea nell’immaginario comune: veloce e caparbio. Infatti, miei amati lettori, dovete sapere che dal punto di vista fisico non era decisamente un golem, aveva spalle piccole ed un corpo longilineo, ma vi posso assicurare che era più tenace di chiunque altro al mondo, sulla pista d’atletica proprio come nella vita. Non si è mai dato per vinto, ha messo tutto il suo essere in ogni corsa, non ha mai esitato, anzi ha sempre combattuto aspramente con quei colossi americani e finlandesi che gli sfrecciavano affianco senza mai perdere il fiato. La “Freccia del Sud”, come lo chiamavano i suoi sostenitori, insomma non mollava mai; e a detta di tutti è rimasto fuori da giri di medicinali, di beveroni indigesti (che si usavano già all’epoca, niente di illecito per carità, ma lui non ha neanche preso il più inutile degli integratori), perché lui voleva farcela da solo, perché lui sapeva di potercela fare. Non mi resta altro da fare, se non omaggiare ancora una volta questo campione, e con me moltissimi altri lo faranno, per ben imprimere il suo nome a fuoco nella storia. Sono abbastanza sicuro che le sue imprese incantatrici di una generazione continueranno a rivivere nelle parole e negli occhi dei vostri padri, come del mio, gonfi d’orgoglio patriottico quando già da bambino mi raccontava la storia di Mennea: l’eroe dietro l’uomo.