TERRE, FATTI, PENSIERI. ESPLORATE TUTTO, CUSTODITE I VOSTRI - ALESSIO GIAFFREDA (anno 2, n.7)
Nel nostro scordarci di valorizzare i dettagli, le cose piccole, ciò che ci è più vicino, probabilmente abbiamo dimenticato anche di tenerci stretta la nostra cultura. Sì, la nostra cultura “locale”, che sembra un dettaglio rispetto alla grande visione del mondo globalizzato. Un mondo con un grande mercato che distrugge qualsiasi forma di identità culturale, di diversità, che omologa gli uomini e i popoli, che si ritrovano a reprimere le loro colorite differenze bevendo coca-cola nelle valli del Trentino come nei grattacieli di Chicago.
È sempre difficile il rapporto con la propria terra, lo riconosco e, a dire il vero, lo vivo. Sempre complicato, soprattutto per i più giovani, guardare con occhi d’amore ciò in cui ci si sente a volte costretti, e da cui si vorrebbe scappare. Ma c’è una bella differenza tra provincialismo limitante e tradizione da valorizzare.
La vita su grande scala non funziona. O per lo meno non per tutti, perché genera povertà, e questo è innegabile. Se c’è qualcuno che sguazza nel lusso, c’è qualcun altro che muore di fame, nel significato letterale del termine. Per carità, siano lodate le comunicazioni veloci, internet, il poter vedere in un secondo un fratello che lavora in Australia. Ma questi vantaggi non devono distruggere i dettagli. I popoli, proprio come le singole persone, devono ritrovarsi uguali nella diversità. Uguali e liberi. Si deve permettere loro di auto-nutrirsi, utilizzando le proprie risorse. Li si deve far sviluppare, perché attraverso la crescita economica rendano migliore la qualità della vita di ogni individuo, fino al più povero. Si deve lavorare sul periferico, non sulla visione generale.
Servono leggi di decentramento, perché ogni realtà si autoregoli seguendo le proprie caratteristiche, risolvendo i propri problemi. Non possono agire efficacemente delle leggi uniche, che valgono per un piccolo comune della Sicilia che vive grazie all’agricoltura come per una grande città della Lombardia che si fonda sull’industria.
Bisogna dare più poteri al piccolo, più risorse, bisogna evitare di abolire le imposte municipali solo per lucrare in termini elettorali, perché in questo modo si lasciano i Comuni nella merda, incapaci di rattoppare le buche delle strade, di tenere pulito e in ordine un parco-giochi e farlo funzionare come centro di aggregazione sociale, e soprattutto di stare vicino agli indigenti. Si tratta di riuscire a risolvere ogni problema, il più piccolo, attraverso la vicinanza, il vero e proprio rapporto diretto tra istituzione e cittadini. In questo modo ogni circoscrizione potrà anche valorizzare la propria cultura, e renderla addirittura redditizia. Sia trasformandola in fonte di turismo, sia “utilizzarla” in maniera fine a se stessa: la cultura genererebbe menti pensanti, che saprebbero gestire in maniera ottimale le cose. Oltre all’adempimento del dovere morale di tenere viva la storia che ci fa essere (bene o male che sia) quello che oggi siamo.
Collaborino gli enti, pubblici e privati, le associazioni, con le scuole: le facciano radicare sul territorio, le aiutino a far diventare i giovani parte integrante attiva del mondo economico-culturale. Si faccia una grande cordata per far sviluppare le capacità di questi ragazzi qua. Li si dichiari patrimonio intangibile. Li si protegga e li si faccia crescere con grandi e sani valori, che per essere tali devono necessariamente essere ben diversi da quelli del capitalismo sfrenato, che li conducono alquanto velocemente verso l’instupidimento irreversibile.
La si valorizzi questa diamine di cultura locale, la si renda multigenerazionale. Non si faccia venir voglia ai ragazzi di andare via per sempre. Si cancelli la mediocrità, il bigottismo e l’ignoranza, che sono macigni di inquantificabile peso. Possiamo crescere così, dando importanza a ciò che ci circonda, mentre potiamo i rami secchi, e cioè le mentalità retrograde che ci limitano troppo. Ognuno il proprio “fazzoletto di terra”, ognuno il luogo in cui vive, e dove vissero i propri nonni. Senza precludersi la possibilità di guardare il mondo da un punto di vista più ampio. Ma esiste una distanza abissale tra “massa” e comunità variopinta. La globalizzazione funzionerà quando tutti prenderanno atto di quanto è bella l’America, ma si porteranno sempre nel cuore – e promuoveranno – il luogo dal quale provengono.
Perché il mondo possa essere un mosaico di bellezza incommensurabile, grazie ad innumerevoli tessere di pregiato valore.