LA GENTILEZZA HA IL PROFUMO DEI FIORI - GRETA VERGARO (anno 3, n.3)
Perché ricominciare ad essere gentili.
Fingiamo che tu sia un critico ed io uno scrittore. Fingiamo che io sia il critico e tu lo scrittore. Leggeresti della gentilezza? Scriveresti sulla cortesia?
La cordialità non è di tendenza, non è più un paradigma umano. L’evoluzione del mondo ha cambiato gli uomini, le donne, i bambini. E la gentilezza ha lasciato il posto al terribile regno della maleducazione e della scortesia.
Perché essere gentili è oggi un segno di debolezza d’animo, o “un comportamento di cui dubitare”, secondo Adam Phillips e Barbara Taylor, storico lui e psicoanalista lei. Chi compie un gesto gentile potrebbe forse proporsi un fine utilitaristico. Siamo, infatti, nell’era della diffidenza, nell’era dell’individualismo. Come se fossimo legittimati a pensare soltanto a noi e preoccuparsi per gli altri fosse un grave delitto.
Così le scuse non esistono più; i “ti voglio bene”, i “mi dispiace” sono meri ricordi. È passata l’epoca dei “volentieri” e dei “per favore”. Il declino della gentilezza è ormai alle porte. E allora non si può più cedere alla tentazione della cortesia; del resto il desiderio di essere gentili è ridotto ai minimi termini. La soluzione più facile è l’essere aggressivi-maleducati-egoisti.
Eppure non è tutto perduto. Possiamo invertire la rotta, possiamo recuperare la nostra forma mentis. La gentilezza “non è solo questione di buone maniere, ma di un atteggiamento profondo che ha a che fare con empatia, lealtà, rispetto, attenzione, capacità d’esser presenti, senso di appartenenza”*. È incisa nel nostro DNA, non possiamo disfarcene. Immaginiamo un mondo gentile. Il saluto di cortesia, l’aiuto reciproco, l’essere per essere per gli altri. Immaginiamo di svegliarci un mattino in un mondo privo di diffidenza, dove ognuno si preoccupa per l’altro; luogo d’incontro, luogo di affetti.
La gentilezza avrebbe il profumo dei fiori appena sbocciati, la freschezza della primavera.
Diventiamone promotori. A ciascuno il suo “granellino di sabbia sulla strada del cambiamento”, direbbe l’ex magistrato Gherardo Colombo. E poi chi è gentile lo sa, la gentilezza è contagiosa. Per diffonderla è attivo da sedici anni il World Kindness Movement che si propone di aumentare la sensibilità su quest’atteggiamento indipendentemente dalla razza, dalla religione o dalle idee. È stata persino istituita una giornata dedicata alla gentilezza: il 13 novembre. Ma possiamo aspettare questa data per essere gentili? Auguriamoci che il 13 novembre costituisca semplicemente la celebrazione della gentilezza e non un modo per ricordarci della sua esistenza. In fondo non costa nulla essere gentili, è gratuito e fa star bene. C’è anche un’altra iniziativa in atto: si chiama bus della cortesia e sta attraversando gli Stati Uniti per promuovere la campagna “One million acts of kindness”. Si tratta di un pullman coperto di citazioni e massime sulla gentilezza e la parola “pace” scritta in 49 lingue sulla portiera! Un’idea semplice, ma capace di giungere in una baleno nel cuore della gente. Non credete?
Essere una persona gentile non è uno sforzo esagerato, un atteggiamento disonesto, un compito ingrato. È naturale e alla portata di tutti, e poi non nuoce alla salute, al contrario fortifica l’animo, il cuore, tutte le membra, tutte le persone.
Lo slogan della campagna “Choose kind” è esemplare: “Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile”. La gentilezza è una scelta di vita, la forza di un sorriso.
*Piero Ferrucci, “La forza della gentilezza”, Mondadori.