EMOZIONI, NON TECNICA - ALICE LONGO & MARIANNA BIANCO (anno2, n.7)
I Led Zeppelin si formarono quasi per sbaglio e pressoché in questo modo: a Jimmy Page, già conosciuto per le sue esibizioni con gli Yardbirds, fu chiesto di rimpiazzare un gruppo decimato per problemi di vario genere. John Paul Jones chiedeva da tempo a Jimmy di fare qualcosa insieme, e quella si rivelò una buona occasione. Serviva quindi un batterista: venne fatto il nome di John Bohnam che dichiarava di essere il batterista migliore del mondo, e se la sentenza tocca ai posteri, questa volta non è molto ardua: Bonham aveva proprio ragione. Chitarra, basso e batteria c’erano. Mancava il cantante, così quando udirono per la prima volta la voce di Robert Plant si chiesero come diavolo fosse possibile che non avesse già fatto successo e un miliardo di soldi. Il quartetto di arzilli diciassettenni fu grandioso, e da quel giorno rimasero insieme con il nome di “Led Zeppelin”. Intorno a questi mostri giganteschi del rock c’è un gran discutere legato al fatto che la loro musica e i loro testi fossero satanici. Non solo: i quattro si erano anche attribuiti un simbolo ciascuno, con l’intenzione di dichiarare il loro disinteresse verso nomi, titoli e etichette, anche se non tutti la vedono così. Sicuramente il simbolo più famoso è quello del chitarrista Page, che sembra la parola “zoso”. Pare che fosse un simbolo dell’alfabeto per fare il patto con il diavolo. Il simbolo del cantante Plant raffigura invece una piuma in un cerchio, la quale servirebbe per scrivere il patto; il fregio del bassista Jones, una sorta di elica in un cerchio, rappresenterebbe la trinità satanica: aria, fuoco, terra; quello del batterista Bonham sarebbe una runa. Inoltre c’è chi dice che l’angelo simbolo della loro casa discografica, la Swan Song, fosse l’effigie di Icaro o del diavolo. In realtà rappresenta il dio Apollo. Una delle canzoni più graffianti e amate dai sostenitori del rock allo stato puro è “Black dog”. “Voglio un testo di quelli che si scrivono nel bagno dello studio mettendo insieme rime e assonanze solo per il gusto di farlo” dichiarò Robert Plant, stanco dal rigore e dalla serietà con cui venivano criticati i suoi testi. Così si chiuse davvero in bagno, aprì la finestra e vide un Labrador nero, da cui deriva il titolo della canzone che non parla da nessuna parte di cani neri ma di ragazze dalle gambe grosse, seducenti ma inaffidabili. Anche qui i mal pensanti trovarono qualcosa che non andava: dog è “God”, cioè Dio, al contrario, quindi il titolo significherebbe dio nero quindi il diavolo. Ora mi rivolgo direttamente a voi, miei cari mal pensanti: se non avete niente di meglio da fare, pettinate le bambole o fate la permanente ai leoni, oppure soffermatevi sulla bellezza della musica di questo quartetto memorabile. I Led Zeppelin sono stati capaci di fondere in un unico gruppo componenti assai differenti tra loro: la potenza distruttiva, la dolcezza, la confusione, il piacere, l’emotività. Gli acuti di Plant si fondono e si confondono con i riff di Jimmy Page, la voce si libbra inaspettatamente da un ragazzetto magro che sventola i suoi boccoli d’oro al vento. Quattro ragazzi che sono andati alla conquista dell’America con la fama di essere la migliore rock band mai esistita e irraggiungibile per i virtuosismi e non solo (si pensi a Jimmy Page che suona con l’archetto di un violino o l’assolo di “Bonzo” che si narra, per i loro eccessi, che negli hotel non fossero degli angeli: entravano nei corridoi con le moto, lanciavano tv dalle finestre perché volevano vedere come si fracassassero in mille pezzi, o accendevano, nelle camere dove ospitavano le groupie, troppe candele sulle tv fino a scioglierle letteralmente).
I Led erano capaci di catturare le folle; i biglietti dei concerti si esaurivano il giorno dopo la loro uscita, avevano grandiose vedute spirituali e la consapevolezza delle loro energie, e il saperle utilizzare era il loro punto di forza. Le canzoni sono mistiche, mutano di intensità, trasmettono sensazioni, trasudano vigore, ti scuotono, ti fanno viaggiare, è un incantesimo, un’esperienza corporale. La band si sciolse quando morì tragicamente il batterista, soffocato dal suo stesso vomito. sapevano che nessuno avrebbe potuto rimpiazzarlo. Quest’anno i tre “superstiti” e il figlio di John Bohnam hanno dato uno spettacolo unico per i fan riunendosi in un concerto col nome di “Celebration Day”. Si vocifera che si potrebbero riesibire in nuove tappe. Fan scatenati e patiti del rock preparatevi! I re della musica stanno tornando.
CONSIGLI PER L’ASCOLTO:
The battle of evermore: Dance in the dark of night sing to the morning light. / Balla nel buio della notte, canta alle luci del mattino
Since I’ve been lovin you: since I’ve been lovin you I’m about to lose my worried mind. / Da quando ti amo sono sul punto di perdere la ragione.