BRASILE 2014: ROUND 1 - EDOARDO MAURO (anno 2, n.7)

La  Confederations Cup, nata nel 1992 come piccolo torneo in Arabia Saudita in onore del primo ministro del Paese, dopo esser stato acquistato dalla FIFA è diventata un prestigioso torneo calcistico. Si organizza l’anno antecedente al mondiale, nel paese che lo ospiterà, e si sfidano le detentrici, tra le nazionali, dei massimi tornei continentali (Nord e Centro America, Sud America, Asia, Africa, Oceania ed Europa)  più la squadra campione del mondo in carica e il paese ospitante.
In vista del Mondiale 2014, a ospitare la competizione è stata quella terra scoperta per caso nel 1500 dal portoghese Pedro Alvares Cabral, ovvero il Brasile, terra del carnevale, delle spiagge mozzafiato ma soprattutto del calcio di Zico, di Ronaldo e Pelè, “O’ Rey“ per gli amanti del bel calcio. Quante volte i ragazzini hanno sognato nei campetti dell’oratorio di muoversi sul manto erboso come un brasiliano, la personificazione assoluta del fenomeno calcistico del momento e dello show sportivo, oppure che un campetto di periferia non fosse altro che il Maracanà, tempio dedicato al mondo a palla, dove il tifo è una festa incontrollata, fatta di patimenti o gioie esuberanti, dove il calciatore può consacrarsi campione o perdente mediocre nell’arco di novanta minuti.
Purtroppo però lo spettacolo calcistico è stato ostacolato dalle ingenti e violente manifestazioni tenutesi fuori dagli stadi, dove la popolazione brasiliana ha espresso il suo disaccordo verso il governo della presidentessa Rousseff, protestando per le enormi spese per gli stadi, in vista del Mondiale. Sacrosante rivendicazioni trasformate in brutti episodi di violenza e disordine, orrende pagine ormai molto frequenti sui nostri giornali, che non dovrebbero riguardare quella grande elusione dalla quotidianità attraverso l’agonismo che il calcio rappresenta.
Dal punto di vista tecnico, finalmente l’egemonia spagnola con il suo “Tichete-tachete” ha avuto una battuta d’arresto: infatti il Brasile si è imposto in un Maracanà gremito per la finale, con un sontuoso 3 a 0 sulle Furie Rosse di Del Bosque. La Seleçao di Luiz Felipe Scolari ha dominato il torneo, diventando cosi la principale pretendente al titolo mondiale. Big Phil (soprannome dato a Scolari dai fantasiosi hooligans inglesi quando allenava nella terra dei Tudor) è riuscito a trasformare un gruppo ricco di fantasia ma privo d’ identità in una squadra forte per spirito di sacrificio e tecnica, dimostrando, nelle partite disputate, un eccellente agonismo e grande preparazione atletica. Il nostro “Felipao” è riuscito a plasmare questa sua macchina da guerra nell’arco di circa 6 mesi. L’unica cosa che potrà fermare il gioiellino Neymar e compagni, sono i precedenti: nel mondiale disputato in casa nel 1950, il Brasile perse in finale con l’Uruguay nel mitico Maracanà, e per lo scandaloso avvenimento, fu addirittura dichiarato il lutto nazionale e quell’episodio, rimasto vivo nella mente dei brasiliani, e ricordato come "O Maracanaço".

La nostra nazionale, alla sua seconda partecipazione in questo torneo, si è dimostrata sì un osso duro (vedi la semifinale con la Spagna, persa ai rigori), ma anche una “squadra materasso“, poiché ha incassato ben 10 reti, causa, forse, l’ umido e afoso clima brasiliano che ha ridotto agonismo e capacità tecniche in molte partite. I nostri azzurri si sono rivelati, nonostante il pesante score di reti incassate, un’ottima squadra, che, con qualche ritocco in difesa, può contare su un Pirlo ancora attivo a centrocampo, affiancato dal manovale De Rossi (cuore e passione made in Italy), della certezza Balotelli affiancato da un (si spera ritrovato) Stephan El Shaarawy, per un attacco tutto rossonero. In più certamente mister Prandelli avrà a disposizione l’ anno prossimo giovani del calibro di Verratti e Insigne, impegnati quest’anno negli Europei under 21 tenutisi in Israele.
Ci aspetta un anno da vivere in fermento, in attesa di quel grande spettacolo sportivo dei Mondiali. Il primo round è andato al Brasile, ma la partita è ancora lunga…

 

 

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