COME TI SMONTO L'OMOFOBO - Alessio Giaffreda
Leggo or ora un post del dissocial network “Ask.fm”, dove viene rivolta ad una ragazzetta di 14 anni la domanda: “Cosa pensi dei matrimoni tra persone dello stesso sesso?”, o qualcosa del genere. E leggo anche le decine di commenti che hanno seguito la pubblicazione del post su Facebook, e che hanno dato vita ad una “animata discussione” tra chi si esprime a favore e chi contro l’omosessualità e ciò che essa comporta nella società.
Premessa: il solo esprimersi “a favore o contro” qualcosa di così personale e intangibile come un sentimento umano, è follia. Nemmeno se ne dovrebbe discutere: non ha senso far nascere diatribe su questo tema. Non ha senso moralmente né concretamente, così come non ha senso dovermi ritrovare a scrivere quest’articolo dopo aver letto il post di una liceale quattordicenne.
Vabbè.
Tornando alla vicenda, la risposta alla domanda della ragazzetta è stata, in soldoni, qualcosa come: “Nel matrimonio c’è la radice ‘mater’, in latino ‘madre’, quindi questo non può essere un rito praticato da persone dello stesso sesso.” Se ne dedurrebbe che se il “Matrimonio” non si chiamasse “Matrimonio”, ma “Cipolla” o “Durlindana”, allora sarebbe tutto apposto. Non sarebbe un problema se due gay si “cipollassero” o si “durlindanassero”, perché in “Cipolla” o “Durlindana” non esiste la radice di “mater”. Un fatto di lessico, insomma.
Opinabile, per così dire.
Ma qualcuno, come anticipato (e come prevedibile) insorge contro la ragazzetta che ha condiviso la sua opinione su Facebook, intervenendo in difesa degli omosessuali. Dopo una breve parentesi in cui la pressoché infante si ritrova a dibattere con chi ha sentito di dover reagire all’affermazione, intervengono altri tre o quattro esponenti di spicco del bigottismo giovanile del ventunesimo secolo.
Insieme, si dà vita ad una sfilza di argomentazioni anti-gay (o meglio: le solite, mediocri, bassissime, scandalose argomentazioni anti-gay).
Si comincia con il rivendicare la libertà di pensiero ed espressione (la ragazzetta era stata definita a più riprese “ignorante”). Fa effetto verificare come chi di fatto non rispetti il sentimento non solo innocuo, ma anche benefico (cos’è più positivo del mero amore?) di un altro individuo, si appelli poi alla libertà di pensiero.
Si procede con l’accusa agli insorti di esprimersi a favore dei gay soltanto perché, in sostanza, “va di moda”. Parlano così, secondo i giovanardeschi avventori, perché tutto il mondo sostiene questa posizione. (Magari!).
Si passa poi a una delle tesi più schifosamente basse che puntualmente sorge quando in qualche modo si affronta l’argomento: l’adozione dei bambini (tutto fa brodo). E quindi i pargoli deviati, complessati, che non si trovano bene nella vita quotidiana e tanta altra roba. Pragmaticamente, possiamo dire che non è provato né scientificamente, né sociologicamente, né tantomeno filosoficamente, che un piccolo cresciuto con una coppia di genitori omosessuali presenti problemi di alcun genere, o cresca “bene” o “male” (altra squallida schematizzazione del nostro tempo: oggi, in questa società di pattume capitalista, cos’è bene e cos’è male?). Banalmente, nella storia dell’umanità non è stato frequente che un piccolo venisse affidato a una coppia gay, quindi non esiste una “tendenza” che, anche a livello brutalmente empirico , dimostri che un bambino cresciuto in ambiente omosessuale presenti “devianze” (ommioddio, sento di star parlando di assurde cazzate che gli stronzi mettono in piedi) rispetto a quelli cresciuti in ambiente etero. E comunque, uscendo dalla bassezza del concreto, metto la mano sul fuoco scommettendo che cresce peggio un figlio allevato da individui come questi squallidi omofobi (eufemismo riduttivo che abbiamo applicato alla quint’essenza della chiusura mentale) rispetto al figlio di una coppia omo.
C’è qualche illuminato che prova a far cambiare idea (tzè, poveri illusi) a questi esseri dalla mente suicidatasi, con esempi e banalizzazioni come quelle che la maestra Cesaria mi avrebbe fornito ai tempi della scuola dell’infanzia. Ma niente: la loro pochezza si manifesta in tutto il suo splendore quando fraintendono l’esempio e pensano che chi parla per cercare di salvarli da se stessi odi le mamme obese, e gli faccia schifo vedere due persone in sovrappeso baciarsi. Tentativo evidentemente inutile quello di paragonare la discriminazione estetica a quella del “pensiero”, per rendere meglio il concetto.
A questo punto è lampante la minusvalenza di chi ragiona (chiedo scusa per la parola “ragiona”) in un certo modo. L’oscenità esplode del tutto quando chi era partito dall’argomentazione lessicale (“mater” all’interno della parola “matrimonio”) si sposta su un più spontaneo “A me fa schifo vedere due uomini baciarsi”.
E il colpo di grazia agli occhi di chi legge lo scontro lo dà l’affermazione “Tu non sei lesbica, quindi non te ne frega” in risposta alla considerazione: “Se fossi lesbica mi sarei offesa”. Geniali.
Ulteriori commenti riguardo alla vicenda sono pressoché inutili; non mi dilungherò ulteriormente nelle mie solite critiche a questo costume perbenista malato che imperversa nelle menti di parecchia gente, compresi gli adolescenti (“Sembri mio nonno” diceva qualcuno). Ne ho piene le palle di parlarne.
Chiudo con un’ultima bella considerazione espressa dai sociologi in questione, prima che tutto il “confronto” finisse in una lista interminabile di vaffanculo vari: “Il mondo si sta riducendo così proprio perché tutti la pensano in questo modo.” Questa, nel caso non sia stato abbastanza chiaro, non è una frase di chi gli omosessuali li difendeva, ma di chi dava addosso ad essi.
Dovrei chiudere quest’articolo come un mio probabile Dio comanda, e cioè mandando sonoramente a cagare questi individui. Ma non vi dico di andare a cagare perché sono educato. Cioè: io penso che voi dobbiate andare a cagare, ma non lo dico.