OSCAR, RE (ALATO) PER UNA NOTTE - GIUSEPPE MAURO
Non c’è due senza tre: il seimilaunesimo giurato ancora in prima fila si esprime, tra fantasia al potere, grandi scienziati…e grandi ingiustizie. Nella Settima Arte, si può diventar facilmente star carismatiche, ma c’è solo un’occasione per brillare di luce propria, per diventare re per una notte (e forse per l’eternità): la Notte degli Oscar. Per l’87esima volta, tutta Hollywood si riunisce in pompa magna, tra abiti da favola e savoir-faire , per celebrare le migliori pellicole dell’anno, per accogliere le stelle vincitrici nel grande firmamento del cinema, quello con la C maiuscola. Quest’anno al Dolby Theatre di Los Angeles, ancora una volta, il livello dei film in gara è rimasto eccelso, ma l’Academy non regala sorprese e premia la fantasia, portando in alto sul podio un film ingegnoso, una summa del cinema di ieri, oggi e domani: stiamo parlando di Birdman (o l’inaspettata virtù dell’ignoranza) scritto, prodotto e diretto dal filmaker messicano Alejandro González Iñárritu. La surreale commedia nera ambientata nello star system cinematografico moderno è la vera regina degli Oscar, portandosi a casa l’Oscar per il Miglior Film, per la Miglior Regia, per la Miglior Sceneggiatura Originale e per la Miglior Fotografia. Oltre a confermare che in Messico (o “la faccia triste dell’America”), ultimamente si crea buon cinema (vedi l’anno scorso Alfonso Cuaròn con la vertigine spaziale di Gravity), Iñárritu, famoso soprattutto per la Trilogia della Morte (Amores Perros, 21 Grammi e Babel), sorprende tutti con il viaggio di “redenzione” di Riggan Thompson, attore un tempo famoso per aver incarnato il supereroe piumato, che vuole ritornare in auge inscenando a Broadway, tra mille insidie e un ego alato invadente, uno spettacolo teatrale tratto da un libro di Raymond Carver. Cast strepitoso e in stato di grazia, divertenti allusioni alla realtà (anche il protagonista Michael Keaton, dopo il Batman di Tim Burton, cadde in disgrazia…fino ad ora), una regia presuntuosa e un piano sequenza da urlo di ben due ore, una miriade di tematiche che spaziano dal ruolo dittatoriale dei critici all’insignificante successo sui social network: l’egocentrismo di Birdman (e dello stesso Iñárritu) lancia una roboante e caleidoscopica provocazione: il cinema non è quello d’autore, e neanche quello dei cinecomics, ma è uno sguardo ingenuo, sorprendente e creativo, utile a spiccare il volo grazie proprio all’inaspettata virtù dell’ignoranza. Sempre sul podio troviamo un’altra commedia, più elegante e raffinata: Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Anch’esso si aggiudica quattro statuette, ma sono tutte di caratura tecnica: Miglior Scenografia, Miglior Costumi (qui ha vinto l’italiana Milena Canonero, collaboratrice anche con un certo Kubrick…per la serie italians do it better), Miglior Trucco e Miglior Colonna Sonora. All’Academy, dunque, è piaciuta più la carta regalo piuttosto che il contenuto di questo grazioso gioiello: un vero peccato, dato che, con le avventure del concierge Monsieur Gustave H., il caro Wes ha trovato il modo migliore per esprimere tutto il suo stile disneyano e malinconico in una delicata storia sull’arte del raccontare e sull’eleganza perduta nel nostro mondo, in preda oggi come ieri a sempre più atroci barbarie. Almeno il signor Anderson si potrà consolare con l’affetto del pubblico, mentre altre pellicole, sebbene premiate, meritano un ulteriore sguardo: si pensi a Whiplash del giovane Damien Chazelle, che si è accaparrato ben 3 Oscar (Miglior Attore Non Protagonista, grazie un iracondo J.K. Simmons, Miglior Montaggio e Miglior Sonoro), conquistati grazie a una parabola jazzistica coinvolgente su quanto costa ottenere il successo e a una lotta intestina tra maestro e allievo, dove gli spartiti sono campi di battaglia e le note proiettili letali, tutto in nome della gloria. L’unico neo è una centellinata distribuzione nelle sale italiche, quando film di tale caratura meritano ben più ampi spazi. E che dire allora di Boyhood di Robert Linklater? Non solo è passato dall’essere uno tra i favoriti al diventare il grande sconfitto, nonostante l’Oscar ottenuto per la Miglior Attrice Non Protagonista per una brava Patricia Arquette, ma è anche sconosciuto ai più, quando in realtà è forse la sperimentazione più ardita del cinema negli ultimi anni, ovvero girare un film nella durata di ben dodici anni. Un’opera unica, per vedere come la realtà diventi cinema, rendendo la vita di un ragazzo qualunque una grande epopea in un modo così straordinariamente semplice. Un piacere per gli occhi, ma non per i giurati. Oltre alla fantasia al potere e alle grandi regie, quest’anno agli Oscar si è verificato pure un duello fra scienziati: le loro storie hanno conquistato i cuori degli spettatori, e convinto i seimila (+1) giurati. A The Imitation Game di Morten Tyldum è andato l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Non Originale, per l’enigmatica impresa di Alan Turing simbolo del diverso che cambia verso all’ordinario, e La teoria del tutto merita a furor di popolo l’Oscar al Miglior Attore Protagonista per Eddie Redmayne, veramente straordinario nel portare sul grande schermo con grande sentimento la figura di Stephen Hawking, scienziato eccezionale sia nella mente (sue le rivoluzionarie teorie sui buchi neri), sia nell’anima, capace di vincere una malattia devastante per chiunque e vivere una commovente storia d’amore. Altri Oscar: Julianne Moore, con lo struggente ruolo di una donna malata di Alzheimer, ottiene la statuetta per la Miglior Attrice Protagonista per Still Alice; il Miglior Montaggio Sonoro se lo aggiudica American Sniper, il discusso war movie di Clint Eastwood sulle luci e ombre di un cecchino infallibile, e l’immancabile appuntamento con il lato poco lindo dell’America, Selma, dedicato alle gesta di Martin Luther King, riceve l’Oscar per la Miglior Canzone,“Glory”, emozionante inno per la lotta contro quell’ignoranza maledetta chiamata razzismo. Ma alla fine del galà, dopo tutte questa celebrations, una domanda sorge spontanea: Leonardo DiCaprio si sarà mica arreso per conquistare la dorata statuetta? Tranquilli, si sta preparando per la sua ultima impresa attoriale… sicuramente vuole tentare ancora una volta per diventare re per una notte. Quella notte piena di stelle, di storie, di sogni chiamata Cinema.