LO HOBBIT, LA DESOLAZIONE (PER I FAN) DI SMAUG - Giuseppe Mauro per IntervallaInsaniae.it

Ci siamo. Arrivano le Feste e i nostri cinema vengono invasi da una valanga di cinepanettoni italiani tipicamente trash (anche se negli ultimi anni si sta cercando di invertire la rotta) e di classiche commedie strappalacrime a sfondo natalizio. Per nostra fortuna torna in sala il buon vecchio Peter Jackson che, dopo aver fatto trionfare il fantasy nella cinematografia con Il Signore degli Anelli, ora ci riprova con Lo Hobbit, qui alla seconda parte La desolazione di Smaug. Si ritorna quindi a dove avevamo lasciato Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia e la banda di nani, ovvero dalla fine del primo episodio Un viaggio inaspettato. Dopo essere sfuggiti alla ferocia degli Orchi Pallidi,la spedizione continua nel loro viaggio tra insidie e pericoli nel Bosco Atro e giunge finalmente alla Montagna Solitaria, Erebor, per affrontare il terribile e crudele drago Smaug e ridare ai Nani il loro regno perduto. Per questa seconda parte c'erano tante aspettative, ma purtroppo alla fine si rivela una vera e propria delusione, soprattutto per chi adora follemente la vecchia trilogia. Se per lo spettatore è sempre un piacere tornare nella Terra di Mezzo, per il fan accanito questo è un pugno allo stomaco: potrebbe anche starci l'assai scarsa fedeltà con il romanzo di Tolkien ma far ritornare Legolas e aggiungere un personaggio femminile come l'arciera Tauriel solo per coinvolgere più ragazzine in cerca di love story fantasy alla Twilight, è inutile in confronto a questa bella avventura. Questo dal punto di vista dell'appasionato. Per lo spettatore, invece, questo kolossal con elfi e nani è bellissimo per le scenografie e per i fastosi effetti speciali ma anche nel secondo capitolo si ricasca negli stessi errori che avevano contraddistinto la prima parte: una partenza un po' troppo soft, dialoghi troppo altisonanti e la evidente difficoltà di allargare e tenere al tempo stesso compatta una storia abbastanza striminzita. Non bastano le convincenti prove di Ian McKellen (il mitico Gandalf) e di Martin Freeman (l'eroe per caso Bilbo Baggins) e nemmeno il grande lavoro di Benedict Cumberbatch nell'impersonare uno Smaug perfetto nella recitazione, con quella sua voce possente degna di un rettile sputa fuoco e impersonando un perfetto villain, ma un po' meno nella grafica (si vede troppo che è fatto al computer) per far emergere quello spirito a metà tra il fantastico e l'epico che era il punto di forza dell'impresa di Frodo & Co. Uno spirito che oggi si è in parte perso, in favore del boxoffice e del facile guadagno ma facendo cadere nella desolazione (come fa il crudele Smaug per la Montagna Solitaria) tutti quelli che si erano appassionati a questo mondo di elfi nani e uomini così fantasticamente epico. Ora si spera che l'ultimo capitolo, Racconto di un ritorno, in uscita a fine 2014 possa risollevare in extremis questo prequel, perché se no rimarrà il rammarico per aver venduto al dio denaro un'opera memorabile nella storia del cinema. 

CONSIGLI: Ovviamente la prima trilogia (La compagnia dell'Anello, Le due torri, Il ritorno del re), per capire come il fantasy abbia fatto breccia nei cuori di milioni di spettatori. 

VOTO: 7-

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