EGITTO: LA FORZA DI UN POPOLO CHE MERITA DEMOCRAZIA - GIULIO PAPADIA per "Intervalla Insaniae.it"

La situazione politica in Egitto è precipitata. Nulla di eclatante, visto come si erano messe le cose: da giorni, ormai, milioni di egiziani erano scesi in piazza contro il presidente Mohamed Morsi.

Poco più di un anno fa, dopo la “primavera araba” e l’uscita di scena del leader-dittatore Hosni Mubarak regnava l’ottimismo. Morsi è stato il primo presidente eletto democraticamente. Ora il Paese è piombato nuovamente nel marasma totale. Infatti, ieri è scaduto l’ultimatum che i militari avevano dato al presidente: il capo del partito dei Fratelli Musulmani è stato arrestato insieme ad altri importanti dirigenti, il premier Qandil si è dimesso. Ora Morsi è stato destituito ed è agli arresti domiciliari, secondo quanto riferisce l’emittente televisiva Al Hayat.

Gli scontri fra i fedelissimi di Morsi e i militari sostenuti da una grossa parte della popolazione sono stati aspri. Oltre al dato importantissimo della destituzione del presidente, vanno contate le vittime di queste giornate di guerriglia: si parla di 20 morti, oltre ai 18 civili che hanno perso la vita all’Università del Cairo.  Non solo: durante le rivolte in piazza Tahrir ci sarebbero state circa 90 donne stuprate da parte dei manifestanti. Un vero schifo, e i generali che traggono linfa e potere proprio dai manifestanti non alzano un dito.

L’esercito ha preso sempre più potere in questo breve periodo democratico, Morsi non si è reso conto di quanto i suoi provvedimenti fossero impopolari e il popolo, dopo trent’anni di Mubarak, non ne ha voluto sapere di affidarsi a un altro ”uomo forte”. Infatti, va ricordato che Morsi si era attribuito poteri fin troppo ampi (anche in ambito giudiziario) e ciò è sembrata una minaccia alla democrazia e alle conquiste della rivoluzione del 2011. Insomma,  a essere onesti il termine golpe sembra un po’ una forzatura, ma resta il fatto che l’esercito sta approfittando della sfiducia nel presidente per accrescere il suo potere già immenso.

La situazione è molto complessa: i ribelli di piazza Tahrir sono senz’altro la spia di un malessere diffuso; malessere che ora deve diventare proposta per un rinnovamento. Intanto, il presidente della corte costituzionale Adli Mansour ha ricevuto l’incarico di presidente ad interim, nell’attesa di convocare nuove elezioni. È la vittoria del movimento di opposizione Tamarod, che dallo scorso aprile si stava mobilitando contro l’ex presidente.

Il rischio da scongiurare, ma ora concreto più che mai, è quello di una guerra civile fra i Fratelli Musulmani dell’ex Capo di Stato e i membri dell’esercito, forti del consenso della piazza, rappresentanti di una vera e propria casta militare ricca e potentissima.  Lo scontro porterebbe a una deflagrazione pazzesca, a una spirale di violenza senza precedenti. Non resta che attendere le conseguenze della destituzione di Morsi. Non resta che sperare che il popolo egiziano riesca, finalmente, a godere della democrazia che merita più di ogni cosa, visto che nel giro di due anni ha rovesciato due presidenti ritenuti inadeguati, scendendo in piazza. La forza di cambiare, la forza di un popolo unito. La forza che noi, in Italia, non abbiamo mai avuto, e chissà se mai l’avremo.

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