LE PENE DELLA VAGINA - AURORA VERBENA (anno 2 n.6)

“La mia vagina è arrabbiata. Davvero. E’ incazzata. La mia vagina è furiosa e ha bisogno di parlare. Ha bisogno di parlare di tutta questa merda. Ha bisogno di parlarvi. Allora, cos’è tutta questa faccenda… C’è in giro un esercito di persone, che escogitano modi per torturare la mia povera, gentile, e amorevole vagina… che passano i giorni a fabbricare psicoprodotti e idee orrende per minare la mia passera. Rompicoglioni della vagina! Tutta questa merda che cercano senza sosta di spingerci dentro, per pulirci, per imbottirci, la faranno scomparire. Bene, la mia vagina non se ne andrà. È incazzata e se ne starà qui.”
È così che voglio aprire il mio articolo, con Eve Ensler e “I monologhi della vagina”.
Un inno al simbolo della femminilità, alla protagonista assoluta del nostro corpo: sì, la vagina. Sembra quasi una parolaccia, una brutta considerazione, una cosa che non va nominata, eppure è tanto famosa, ambita e attira l’attenzione! È come se fosse un paradosso: c’è, tutti lo sanno, ma fanno finta di non conoscerla, nascondendola sotto nomignoli, che spesso e volentieri hanno una valenza dispregiativa, accusatoria: “Puoi dirla quante volte ti pare, ma non suona mai come una parola che hai voglia di pronunciare. È una parola assolutamente ridicola, non ha niente di sexy”.
Essere una donna non è una colpa, ma un dono, una virtù e anche un certo merito.
Sopravviviamo in una società patriarcale che ha in sé una valenza distruttiva e devastante, siamo schiavi di una istituzione che concepisce l’ordine come disordine, il disordine invece ordine; in questo modo si vanno a confondere due concetti totalmente antitetici: come violenza e tradizione, vagina e punizione. Intendono collocarci alla base di un triangolo che concepisce l’“ideale” della violenza domestica come una tradizione.
Ad ogni pugno, insulto, umiliazione, svalutazione che riceviamo non siamo vittime solo dell’ignorante maschilismo di un uomo, ma soprattutto di una galoppante involuzione del sociale. Viviamo in un sistema in cui mostrare il seno in una situazione che si può considerare quasi indispensabile, è un crimine peggiore in confronto al violentare, uccidere la propria compagna, amata, figlia o sorella; allora non regalateci insensati fiori se poi proprio questi si macchieranno con il colore del nostro sangue e con le lacrime delle nostre disgrazie.
Donna, sei libera, in te c’è la bellezza di un nuovo giorno, la semplicità delle virtù, tu sei il centro del mondo, nel tuo grembo c’è nuova vita e nei tuoi occhi l’unicità dell’ anima.

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